giovedì 6 giugno 2013

Sequestro inceneritore in Cassazione ricorso dichiarato inammissibile

I giudici della sesta sezione hanno accolto la richiesta del procuratore generale di dichiarare inammissibile l’appello del procuratore Laguardia, così come gli avvocati difensori dei tredici indagati: il no al sequestro è definitivo

No definitivo al sequestro dell’inceneritore di Parma. I giudici della sesta sezione della Cassazione hanno dichiarato inammissibile il ricorso con cui il procuratore Gerardo Laguardia aveva chiesto l’annullamento della decisione del tribunale del Riesame di Parma, che lo scorso dicembre rigettò la richiesta dei sigilli al Paip.
Nell’udienza che si è tenuta mercoledì mattina a Roma, davanti a un collegio di cinque giudici, era stato lo stesso procuratore generale a chiedere l’inammissibilità del ricorso della Procura di Parma. Lo stesso hanno fatto gli avvocati difensori dei 13 indagati nell’inchiesta per presunte violazioni nell’iter di realizzazione del Paip. La Suprema Corte ha accolto le richieste: non sarà la magistratura a dire stop ad incenerimenti ed emissioni, come forse era speranza di molti anche nei palazzi comunali.
Non sono ancora note le motivazioni della decisione, che saranno depositate nelle prossime settimane. Due i motivi principali per l’inammissibilità del ricorso portati all’attenzione dei giudici da pg e avvocati. Il primo, è che l’appello alla Suprema corte per i provvedimenti cautelari (come quello del Riesame di Parma che lo scorso dicembre ha detto no ai sigilli) può essere ammesso solo se vengono riscontrate nella sentenza violazioni di legge. Il procuratore Gerardo Laguardia ha fondato il ricorso su una “manifesta contradditorietà”.
Un altro motivo sarebbe la carenza di interesse nel sequestro, perché non sarebbe stata impugnata la parte della sentenza in cui il Riesame dichiara che non vi sono le esigenze per il blocco cautelare dell’impianto. Questo nonostante il tribunale di Parma abbia riscontrato un solido impianto accusatorio per molti dei reati contestati, che vanno dall’abuso d’ufficio, all’abuso edilizio e al peculato. Lo stesso Riesame aveva “suggerito” che per Emanuele Moruzzi, ex superdirigente del Servizio Ambiente del Comune, poteva configurarsi la corruzione. Nonostante il rigetto dei provvedimenti cautelari nei tre gradi di giudizio, comunque, l’indagine penale continua a fare il suo corso.
IL COMMENTO DI IREN - Ecco la nota stampa diramata dalla multiutility dopo la decisione dei giudici: “Iren Ambiente sottolinea l’impegno garantito in questi anni per la realizzazione di un’opera voluta dalle Istituzioni nell’interesse della comunità locale e per adempiere agli obblighi normativi nazionali ed internazionali in materia di smaltimento dei rifiuti. Un impegno per garantire autonomia al territorio di Parma”.

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